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Area di Ricerca & Autodifesa - Intervista esclusiva a Stratos, Fariselli e Tofani
 

PATRIZIO FARISELLI

D. - Parlaci del tuo ingresso negli « Area »

R. - Il mio ingresso negli Area è stato quattro anni fa, il gruppo già preesisteva.

Aveva fatto diverse tournée con i Nucleus, con gli Atomic Rooster, etc.

Il discorso che facevano, m'interessava, anche se era ad uno studio embrionale e così ci siamo conosciuti e abbiamo cominciato a suonare assieme.

Poi, con l'uscita di Leandro sono entrato definitivamente negli « Area ».

D. - Che cosa ha cambiato in te l'entrata negli Area, cioé ha modificato un tuo equilibrio o sei tu che hai modificato la situazione degli « Area ».

R. - Le cose sono andate a pari passo; all'inizio mi sono adattato alla linea esistente, ma poi con l'assestarsi del gruppo, il mio intervento compositivo estrumentale diventa parte integrante del gruppo.

D. - Come è avvenuto il passaggio agli Area cioé prima di Demetrio & Co. cosa facevi ?

R. - Prima di Area pubblicamente ero inesistente, la mia attività principale era studiare. Studiavo molto in Conservatorio, che con Area ho abbandonato definitivamente perché sentivo che mi stava rovinando, cioé all'epoca ero molto giovane e mi sentivo ingabbiato. E così, divento autodidatta e proseguo gli studi per conto mio. Allora lavoravo anche con mio padre che aveva un orchestra ma era solo un fatto economico.

D. - Proprio, in questi momenti di studio e di lavoro ovviamente sei passato attraverso dei riferimenti culturali. Ce ne puoi parlare.


R. - Certo, forse più allora che oggi questi riferimenti erano chiari. Allora ascoltavo molto jazz, però non ho mai avuti trip » esclusivi, personalmente m'interessava tutto.

Il mio contributo iniziale con Area fu soprattutto jazzistico.

Rimane di fondo, tuttora questa mia impostazione, ma è cambiato il mio atteggiamento verso il Jazz.
Perché mi rendo conto del momento critico che sta vivendo oggi l'improvvisazione.

Personalmente, m'interessa l'improvvisazione; però nel jazz c'è sempre stato questo manierismo logorroico, cioé questo buttare fuori da ogni costo le proprie miserie.

Oggi la gestione della improvvisazione ha utilizzato la teoria della libertà facendone un grosso schema. L'uscire dallo schema è diventata una moda, ed ora più che mai. Così invece di uscire, si è legati, si è vincolati. E' velleità pensare che ci si può liberare dagli schemi, dal retroterra, delle influenze, dalle repressioni delle strutture, proprio perché nel momento della improvvisazione vengono tutte a galla.
Infatti, penso a Caos dove è venuto fuori questo concetto di improvvisazione.

D. - Intendi, insomma, un concetto di improvvisazione « controllata », che ha valore, che alla distanza tiene?

R. - lo non credo ai punti fermi, vale a dire non penso che. l'improvvisazione si salva se segue certi schemi o canoni. Mi vanno bene degli atteggiamenti quali quelli appunto di Bailey, di Lacy nella misura in cui loro stessi sono critici nei loro confronti.

D. - Vorrei sapere che rapporto c'è nel vostro lavoro tra progettazione e realizzazione. Questo, perché mi pare che la parte teorica sia molte volte sovrabbondante e quindi si crei una scollatura tra risultato e progetto.

R. - Il nostro lavoro può essere sintetizzato in queste cose:

1) stendiamo un canovaccio dei punti più salienti che vogliamo fare venire fuori.

2) cerchiamo il linguaggio più adatto per sviluppare i diversi punti.

Una caratteristica di Area è quella di muoversi su diversi fronti, di avere molte cose a sua disposizione per cui giungiamo a produrre cose che si scontrano formalmente.

Pensa a quest'ultimo disco dove si ritrovano tre o quattro punte differenziate: i violini da una parte, l'operazione concettuale su Bach dall'altra, il divertissment concettuale in Even, musica gestuale in Rasoio.

Noi riteniamo che la vera libertà, oggi non stia nella generica improvvisazione ma nell'uso consapevole dei vari linguaggi a disposizione. Un uso positivo dei linguaggi, cioé criticandoli, usandoli, distruggendoli tutto in relazione ad un concetto. Quindi, le contraddizioni sono volute, perché, a nostro avviso, rappresentarlo una necessità della ricerca musicale.

D. - lo mi riferivo soprattutto a quei pezzi dove voi usate il materiale rock jazz, che è pur sempre linguaggio disponibile, però mi pare ormai putrefatto. Precisando, direi che l'aspetto di comodo (del rock jazz) esecutivamente trova negli altri dischi una maggiore incisività, penso ad Areazione, mentre in quest'ultimo mi pare molto più floscio.

R. - No, non credo fondata questa tua critica. A prescindere dalla esecuzione che io trovo, in Maledetti, ottima; la qualità dell' esecuzione, per noi, è in posizione secondaria rispetto al progetto. Per cui il linguaggio rock jazz è un avvenimento, come altri che noi trattiamo sempre all'interno del nostro discorso complessivo.

Ci può interessare più o meno, però c'è. C'è perché entra nella costruzione del discorso, e così abbiamo avuto Gioia e Rivoluzione, Aforisma urbano, etc. Il problema che sollevi mi pare marginale di fronte alla struttura intera del lavoro: questa presunta discontinuità/contraddizione è voluta, perché rientra nel progetto.

D. - Adesso passiamo alla tua esperienza musicale extra Area, cioé come sei arrivato al lavoro di Sole il tuo nuovo LP.

R. - lo vedo nella musica tre tendenze che sono in rapporto dialettico: composizione, cioé l'operazione concettuale; l'esecuzione, l'aspetto più concreto; la composizione estemporanea, quindi l'uso della improvvisazione.

Queste cose sono compatibili con i diversi materiali sonori che si manipola.

Ora, il primo materiale è il gruppo, l'organico che ti danno diverse possibilità; però Area ti impone un atteggiamento, un certo modo di essere. Ma tu intendi ritagliare uno spazio più tuo, che sia più compatibile alla tua personalità. Così nel gruppo aperto nasce l'esigenza di un momento in cui ci si deve confrontare con se stessi, con il proprio strumento e così si affronta più esclusivamente una strada, che serve al musicista ma che poi arricchisce anche il gruppo.

La costante del mio disco solo è l'improvvisazione. Ma, è una gestione dell'improvvisazione molto diversa da come è stata gestita finora.

La caratteristica di questa improvvisazione sta nel progetto, cioé viene vissuta l'improvvisazione come momento coprofagico. E' il rendersi consapevole che l'improvvisazione non è libertà tout court ma è invece proprio in questo istante che il sistema ti ingabbia con i suoi schemi, con i suoi modelli...

Ritorniamo, in sostanza, a quanto dicevo già prima: l'improvvisazione non è non avere schemi o impostazioni, ma ruotare esecutivamente in maniera aperta attorno sempre ad un preciso progetto.

Faccio un esempio. Lenny Tristano mi ha colpito moltissimo, per cui ho utilizzato tutta una sua impostazione (esecutiva): l'uso prevalente del settore basso e medio basso del pianoforte, l'uso solo in diversi brani della mano destra, il tipo di tocco molto fluido.

Dunque io suono cose mie, ma tenendo questi tre punti comeriferimento, e poi su questi porto il mio contributo alla improvvisazione.

D. - Ritorniamo ad Area. Con Maledetti c'è una impostazione del gruppo molto aperta, disponibile. Ora, con il ritorno di Giulio e Ares nei concerti si ritorna alla situazione precedente?

R. - No, assolutamente, dobbiamo chiarire che il discorso apertosi con la dipartita di Giulio e Ares e con il disco, rimane fermo per il futuro.

Area è una struttura aperta ai diversi musicisti, ai diversi linguaggi. Il ritorno di Ares e Giulio non significa riprendere il vecchio abito ma i punti determinatisi con ultimo lavoro sono fermi. Area, lo sottolineo, non è più il nome di un gruppo ma di una struttura aperta.

D. - Sono state fatte molte illazioni sul vostro rapporto con il situazionismo. Ci puoi dire qualcosa di preciso a proposito?

R. - Il situazionismo è importante, come molte altre cose. Ha avuto una certa influenza sui criteri di lettura dei fenomeni sociali, ma soprattutto su quelli artistici.

Ma è stato solo uno stimolo come altri che noi abbiamo usato come qualsiasi materiale che ci si presentava.

D. - II fumetto del vostro disco è solo un divertissment o ha una particolare funzione nel vostro lavoro.

R. - Il fumetto è bellissimo. La caratteristica del fumetto è che scaturisce da un lavoro di equipe; musicisti, disegnatori, studenti ecc. II tema è il contenuto di Maledetti, che si sviluppa non volgarizzandolo ma concettualizzando i momenti più importanti del disco attraverso il disegno.

 
 
R. Masotti Tratto da GONG marzo 1977