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 Perdita dell'udito tra i musicisti
 
  
 

Grande preoccupazione ha destato la possibilità di danni alle orecchie e all'udito dei giovani quale risultato della loro esposizione ad una musica troppo rumorosa.

Le osservazioni effettuate nel corso di interessanti ricerche, hanno portato ad una situazione confusa nella quale è stato rilevato che, sorprendentemente. i musicisti rock sono tra i meno colpiti da perdita di udito.

Lo scopo di questo articolo è quello di esaminare le informazioni acquisite sino ad ora per cercare una possibile spiegazione a questa situazione apparentemente contraddittoria.

 Perdita dell'udito
 


Molti di noi sono stati sottoposti ad almeno un esame dell'udito effettuato mediante la presentazione all'orecchio di un segnale acustico. Se ode il suono, il soggetto reagisce.

La prova è ripetuta finché non si trovano «soglie» di udito in corrispondenza di una serie di frequenze tra i 250 Hz e gli 8000 Hz. Queste soglie sono i livelli di presentazione dei segnali in corrispondenza dei quali è appena possibile udire il suono.

Nell'esaminare i giovani, si presume che le loro reazioni uditive siano entro la gamma normale delle norme previste dalla American National Standards Institute.

Perdita udito Fig 1Una tendenza abbastanza sconcertante si è riscontrata in alcuni nostri dati audiometrici, come si può vedere in fig. 1.

In una serie di prove e stato notato che la prevalenza di menomazione dell'udito alle alte frequenze (HFI High Frequency Impairment) aumentava in maniera drammatica.

E noto che una riduzione nella sensibilità di ascolto per frequenze superiori ai 2000 Hz è la prima indicazione di perdita d'udito causata da rumore eccessivo

Nella primavera del 1968. tre studi sono stati condotti in scuole cittadine. In ogni studio un totale di 1000 studenti appartenenti a tre classi diverse sono stati sottoposti a esami dell'udito (hearing screening tests) modificati per determinare la prevalenza di difetti di massa in corrispondenza di toni puri superiori ai 2000 Hz

Tra gli esaminati nella 6 classe, solo il 3,8 % degli studenti non raggiungeva i valori di normalità.

Questa cifra è aumentata fino all'11% per la 9 classe ed è rimasta pressappoco stazionaria anche per i ragazzi della scuola superiore (10.6%).

Questa apparente tendenza ad una maggiore insufficienza HFI ci ha indotto a sottoporre ad una analogo esame anche degli studenti universitari

  
 
 

 

Nell'autunno del 1968. 2769 matricole, trai 16 e i 21 anni, sono state sottoposte allo stesso test modificato usato in precedenza nelle scuole statali. I docenti sono rimasti sorpresi nel constatare che il 32.9% degli studenti rientrava nella categoria HFI.

A conferma di quella impressionante scoperta. una parte di queste matricole (1410 studenti) è stata sottoposta ad un esame dell'udito nell'autunno del 1969, ad un anno di distanza. Anziché una diminuzione nella prevalenza del HFI. si è verificato l'opposto; l'esame ha rivelato una indicazione di incidenze del 60,7%.

Questi dati, basati sui livelli misurati dell'udito di 7179 giovani sotto i 21 anni, dimostrano una tendenza alla perdita dell'udito per le alte frequenze, di proporzioni allarmanti.

C'è da precisare che quasi nessuno degli studenti accusava gravi menomazioni uditive: in effetti, la maggior parte di coloro nei quali era stato riscontrato I'HFI ignoravano il loro difetto. Rimane il fatto però, che le persone controllate avrebbero dovuto avere un udito migliore di quello riscontrato.

E interessante notare che tutti i difetti dell'udito si rilevavano molto più spesso nei ragazzi che non nelle ragazze.

Questa differenza, tra i due sessi. di suscettibilità ai danni uditivi in risposta allo stimolo del suono ad alto livello è un fatto accertato. Molti studi Io confermano.

Ci siamo chiesti il perché di questo fenomeno ma ancora non è del tutto chiaro perché le donne. come gruppo, abbiano orecchie più «resistenti» degli uomini.

Non abbiamo mai attribuito all'esposizione al rumore, in particolare. la crescita di prevalenza del HFI.

E più che ragionevole. comunque. pensare che un determinato effetto sulla sensibilità uditiva dei giovani sia dovuto alla popolarità delle fonti «ricreative» di suono ad alta intensità, quali la musica rock dal vivo, il tiro a segno, il motociclismo e le corse automobilistich, assieme ad un evidente aumento dei livelli di rumori della vita quotidiana.

 
  Dati di laboratorio
 

 

Abbiamo scoperto. con l'uso di cavie. che il suono ad alta intensità può distruggere irreparabilmente le cellule sensorie dell'orecchio interno (la chiocciola).

Un paragone col tessuto cellulare asportato da una cavia è illustrato in fig. 2.

Le frecce indicano le cellule irreversibilmente distrutte dopo esposizione a musica rock particolarmente intensa.

Questa bestiola è stata esposta a poco più di 88 ore di musica in 27 periodi d'ascolto diversi nel giro di 57 giorni. Alcuni giorni. l'esposizione durava 30 minuti: altri, la stimolazione durava quasi 4 ore; altri ancora. l'esposizione non avveniva affatto.

Questo programma è stato scelto per tentare di ripetere, per quanto possibile. il tipo di esposizione al suono subito dai giovani nell'ascolto della musica rock. Non è possibile, tuttavia, generalizzare questi risultati nei riguardi dell'uomo per molte buone ragioni.

  
  Implicazioni
 
 

Esiste uno sfortunato paradosso nell'ambiente acustico moderno.

L'industria sta rendendosi sempre più consapevole della necessità di salvaguardare l'udito dei propri dipendenti: e questo interesse è rafforzato dalla esistenza di leggi emanate in tal senso.

D'altra parte, l'ambiente al di fuori del lavoro e quello ricreativo sono sovraccarichi di suoni ad alta intensità che sono dannosi per le delicate strutture del meccanismo uditivo.

Può accadere che un lavoratore possa essere protetto da rumori dannosi nel suo ambiente di lavoro per poi sottoporsi, fuori di esso, ad una quantità di suoni intensi capaci di danneggiare il suo udito.

Tra tutte le fonti possibili di suono ad alta intensità che si trovano nell'ambiente ricreativo, abbiamo ritenuto che la musica rock dal vivo sia, presa da sola, la più oto-pericolosa per quanto concerne l'ampiezza del suono, la larga gamma di energia in gioco, il carattere impulsivo della musica. la durata della esposizione al suono degli individui e il numero di persone interessate in tale esposizione.


Abbiamo esteso quanto detto sopra anche alle cuffie.

Moltissimi apparecchi stereo in commercio usati con cuffie ad alta efficienza sono in grado di dare livelli di suono che si aggirano attorno ai 135-140 dBA per lunghi periodi di tempo, quando azionati con musica rock contemporanea.

  
 

I Musicisti Rock

  
 

Da tutte le informazioni sin qui, fornite sembrerebbe ragionevole pensare che i musicisti rock dovrebbero soffrire di gravi difetti all'udito.

Invece, si è scoperto che, paragonati ad altri giovani occupati in attività ad alta intensità di rumore (lavoratori dell'industria, ecc.), essi presentano una percentuale di perdita dell'udito estremamente bassa.

Uno dei primi studi che ha evidenziato questo fenomeno è stato quello condotto alla Michigan State University dal Dr. William Rintelmann e da Judith Borus.

Questi riferirono che dall'esame di 42 musicisti attivamente impegnati in complessi di Rock and Roll, soltanto in 2 casi (5%) si erano riscontrate soglie d'udito fuori della norma.

Nel rivedere i loro dati, i due studiosi osservarono che la musica rock è intermittente: tre minuti di musica con intervalli di un minuto.

Stabilirono allora che queste pause, per quanto brevi, fossero sufficienti a permettere un ricupero, anche parziale, dalla fatica uditiva.

Sebbene questo concetto non fosse del tutto accettato dai loro colleghi, Rintelmann e Borus affermarono che la musica rock non sembra offrire una minaccia particolare per l'udito dei musicisti rock. Probabilmente fino ad un certo punto hanno ragione.

  
 Una possibile spiegazione
  

Forse esiste un interessante meccanismo «protettivo» che ha modificato le probabilità di potenziali danni causati da rumori forti. Ma, prima di discuterne, è necessario rivedere alcuni dei possibili meccanismi che causano danni all'udito dopo l'esposizione a suono intenso.

1) Danni alle strutture. Il suono ad alta intensità crea una forte agitazione dei liquidi e dei tessuti dell'orecchio interno. Queste membrane sottili e delicate possono cedere alla forza trasmessa dal suono, rimanendo danneggiate dal graduale indebolimento dei tessuti sottoposti al bombardamento continuo delle pulsazioni sonore.

Esattamente come un uragano che sradica alberi e abbatte edifici, così improvvise esplosioni di energia acustica possono lacerare e distaccare le delicate strutture dell'orecchio interno.

2) Interruzione dell'afflusso di sangue. Vene ed arterie si contraggono in presenza di rumori ad alto livello. Il blocco della capacità di distribuzione delle cellule del sangue che trasportano l'ossigeno può avere un ruolo determinante nel danneggiare l'orecchio interno.

 


Questi fattori possono, alla fine, contribuire alla perdita dell'udito dovuta al rumore.

E possibile, tuttavia, che nessuno di questi sia tanto importante quanto un qualche nuovo fattore ancora da scoprire.
Oltre ad un preciso effetto nell'orecchio stesso, lo stimolo di rumori ad alto livello può dar luogo a diverse reazioni fisiologiche del corpo.

Il più importante di questi è forse la suddetta reazione vaso-costrittiva. Sarebbe interessante riflettere sulle possibili connessioni esistenti tra reazione allo stress e danni all'udito.

Non sarebbe certamente prudente affermare che esiste una situazione diretta di causa ed effetto per cui siano presenti danni all'udito ogni qualvolta la persona sia stressata. Comunque, c'è più di una semplice correlazione casuale tra i due aspetti.

Come già indicato, si hanno alcuni sconcertanti risultati sulle condizioni dell'udito di alcuni individui occupati in lavori estremamente rumorosi.

Sebbene le loro condizioni di esposizione al rumore ci dovrebbero far ritenere che soffrano di notevoli difetti di udito. questo non accade sempre.

A questo punto, è pura congettura. ma forse un giorno si scoprirà che meno stressante si considera un lavoro. meno soggetto ai danni uditivi sarà colui che riceve il segnale acustico. Prendiamo come esempio due uomini che lavorano l'uno accanto all'altro in una industria.

Entrambi sono esposti alla stessa quantità di rumore. L'ipotesi appena avanzata suggerisce che se uno di questi uomini trovasse piacevole il suo lavoro e accettasse il rumore come parte integrante di esso. soffrirebbe molti meno danni all'udito.

L'altro che invece considera il rumore un altro aspetto di quel »dannatissimo» lavoro: con questo atteggiamento. l'effetto combinato del rumore che percuote i tessuti delicati dell'orecchio e la diminuzione del flusso di sangue dovuta alla sua rabbia e alla sua reazione allo stress potrebbe provocargli dei grossi scompensi all'orecchio.

Nel caso dei musicisti rock, quel suono (chiamato »chiasso» da alcuni) è il loro prodotto. Lo hanno creato. E il risultato di tutto il loro studio ed il loro lavoro di equipe. Hanno curato e prodotto il suono che possiede "quella certa qualità".

Quella espressione pulsante, palpitante lacerante del loro animo più recondito ritorna alle loro orecchie come un balsamo (non una bomba). Se c'è dello stress, è più probabile che derivi dalla estasi più pura.

Per non essere frainteso, devo sottolineare la possibilità che qualche danno all'udito si vada verificando.

Mancano, però, gli ulteriori effetti dovuti alla estrema ansietà interna che porta ad una riduzione del flusso sanguigno.

Di conseguenza, siccome i musicisti rock non subiscono uno stress particolare, le loro orecchie non corrono il doppio rischio che correrebbero se fossero costretti a sopportare un rumore per loro intollerabile.

Se questa teoria sarà definitivamente confermata, si sarà fatto un altro grande passo per capire quanta previdenza è stata adoperata nella creazione del corpo umano.

Questo »principio del piacere» non fa che aggiungere un'altra dimensione alla già lunga lista di fattori che incidono sulla reazione umana al suono e sulle prospettive di danni all'udito causati dall'esposizione al suono ad alta intensità.

Credo che fosse il grande filosofo A.N. Whitehead a consigliarci di ricercare il semplice, ma di non fidarcene.

Il materiale contenuto in queste pagine è semplificato per renderlo interessante e di facile lettura; i concetti trattati sono estremamente complessi proprio perché hanno a che fare con reazioni umane.

Non vorremmo che la teoria, sin qui esposta venisse interpretata come una licenza a sovraesporsi al rumore intensivo; si tratta, piuttosto, di un tentativo per spiegare ad un pubblico interessato alcune osservazioni apparentemente sconcertanti.

Nel nostro laboratorio si continua a portare avanti una serie di esperimenti per gettare un po' più di luce sull'argomento. Il risultato di questo apparirà forse in un futuro non troppo lontano.

 
 

Questo articolo è stato tratto dalla rivista statunitense Audio.

L'autore, Dr. David M. Lipscomb è professore nel dipartimento di Audiologia e Patologia del Linguaggio dell'Università del Tennessee di Knoxville, dove dirige il laboratorio dipartimentale di ricerche sul rumore.

Autore di numerosi articoli a carattere professionale e conferenziere il dottor Lipscomb ha pubblicato un libro divulgativo intitolato: Noise — The Unwanted Sounds (Nelson-Hall, Chicago. 1974).