| Il
fantastico tremolo della STRATOCASTER | |
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| | La leggendaria
fama della Fender Stratocaster, che sembra non conoscere momenti di stasi, è
dovuta in misura non trascurabile anche ad un particolare tecnico-costruttivo,
il tremolo, che vari decenni orsono andò ad aggiungersi alle numerose trovate
geniali partorite da Leo Fender, per confluire in uno strumento della cui validità
e della cui «rivoluzione» non si smetterà mai di parlare. La
possibilità, offerta dalla leva del tremolo, di poter variare l'intonazione
(più esattamente il pitch) di una chitarra elettrica, apri ai musicisti
degli anni '50 orizzonti enormi, che si sarebbero costantemente ampliati nei decenni
a venire. Il tipo di feeling hawaiano offerto dal tremolo usato sia sugli
accordi che sulle note singole, con la chitarra pulita, segnò probabilmente
la maggiore frattura tra lo stile ortodosso dello strumento acustico e l'eresia,
da molti voluta, della chitarra elettrica. Su quali
principi teorici e pratici si fonda il tremolo? | |
| Semplicemente
su uno dei principi più elementari della fisica che, in parole povere,
fa si che l'interazione di due forze quantitativamente uguali ma con direzioni
opposte, porti alla creazione di un equilibrio che consente alle corde... di non
muoversi quando si suona senza usare il tremolo ! Questo
equilibrio viene a mancare quando la forza impressa dalla mano modifica l'equilibrio
di cui sopra, portando ai risultati che tutti sappiamo. In
pratica tale risultato è stato raggiunto da Leo Fender utilizzando un blocco
di metallo ad una estremità del quale sono assicurate le corde, mentre
all'altra sono fissate delle molle agganciate al corpo, in maniera analoga (sommariamente)
a quella con la quale le corde sono bloccate dalle meccaniche. Il fatto
poi che le corde stesse siano alloggiate all'interno del blocco che costituisce
l'essenza del tremolo, aumenta la stabilità dell'insieme e favorisce la
trasmissione delle vibrazioni delle stesse, ritardando il decadimento del suono,
il che costituirebbe un indubbio vantaggio nei confronti del sistema Bigsby. | |
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| LE
DUE «CORRENTI» | |
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Descritti in parole facilmente comprensibili i principi che stanno alla base dello
«Strat Tremolo», esaminiamo le possibilità pratiche offerte
dal nostro «aggeggio infernale». | |
| | La
Casa costruttrice consiglia di tenere la base del ponte (operando sulla regolazione
delle molle) a circa 1-2 mm. dal corpo della chitarra; intorno a questa concezione,
che chiameremo classica, sono fiorite due principali «correnti di pensiero»:
una facente capo a Ritchie Blackmore (ex Deep Purple, ora con i Rainbow) e l'altra
che vede nel suo più accanito sostenitore odierno Eddie Van Halen.
Secondo il primo la base del ponte va tenuta a metà corsa fra il punto
massimo di rilassamento e quello di tensione, poichè ciò permette
di usare la leva sia in su che in giù, con la possibilità di «frustare»
le note con una notevole velocità. | |
| Il
secondo, al contrario, propende per un uso solo discendente della leva del tremolo,
adducendo che tale sistema permette anche di avere un'accordatura più stabile:
i risultati pratici sono dominio di tutti, ricordando però che solo con
quest'ultimo sistema è possibile scendere di una ottava intera con il MI
basso, dando luogo al tipico effetto «aereo in picchiata».
Chi abbia ragione è impossibile dirlo, dal momento che si tratta di una
questione di gusti differenti; al di là di quest'ultimo aspetto occorre
rilevare, però, che l'impostazione alla Blackmore pone maggiori problemi
per quanto attiene alla tenuta dell'accordatura, mentre tenendo la base del ponte
su un punto di appoggio (il corpo della chitarra) si può confidare in un
punto di partenza più solido. Ciononostante il tremolo tende sempre
a sbilanciare l'accordatura, a causa di fattori endogeni che si possono schematizzare
come segue: - la forza di resistenza delle corde non è uniforme,
poichè la differenza di spessore e di materiali delle sei corde è
compensata solo parzialmente dal grado di tensione imposto dall'accordatura MI-LA-RE-SOL-SI-MI.
-
le meccaniche, soprattutto se di qualità non eccelsa, rispondono tal-volta
imprevedibilmente alla sollecitazione della corda che si tende e si rilascia;
- la forza esercitata dalle molle non è mai perfettamente corrispondente
a quella necessaria in linea teorica per un ritorno ad una situazione di perfetto
equilibrio e questo, unitamente a quanto sopra, non permette mai di quantificare
con precisione le caratteristiche dell'errore. - un capotasto con delle
sedi per le corde non perfette può trattenere le stesse, impedendo loro
di scorrere liberamente: è consigliabile in tal caso sopperire al difetto
con carta vetrata finissima e, da ultimo, «lubrificare» il capotasto
con polvere di grafite. | |
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MISTER FLOYD ROSE
Le conseguenze provocate dalle succitate cause sono talvolta trascurabili
specialmente quando si impiegano materiali di qualità (meccaniche, ponte,
capotasto e corde) e si mette a punto la chitarra ai limiti della perfezione;
non si spiegherebbe, altrimenti, come Blackmore, Van Halen ai primi tempi e altri
riescano a mantenere livelli decenti di accordatura per un intero concerto.
Altre volte, invece, la situazione raggiunge livelli frustranti, in contrapposizione
al divertimento che un semplice aggeggio meccanico come il tremolo può
arrecare. Presto atto di quanto sopra, un signore americano di nome Floyd
Rose decise, poco tempo fa, di tagliare la testa al toro, e mise a punto un sistema
tanto semplice nelle intenzioni quanto geniale nel risultato pratico, denominato
»Floyd Rose Clamp System». Tale sistema, molto caro - circa
400$ -, è costituito da un capotasto che, per mezzo di tre viti a brugola,
blocca le corde precedentemente intonate; a ciò si aggiunge un ponte abbastanza
tradizionale che però è fornito di sei viti supplementari che schiacciano
le corde contro le sellettine. Inutile parlare degli svantaggi insiti
in un tale sistema,
o meglio si dovrebbe dire delle sue «scomodità». Tuttavia i
suoi indiscutibili pregi lo hanno reso ormai popolare tra i «top guitarists»
americani. II primo a utilizzarlo fu Randt Hansen, emulo handrixiano
di buona fama negli Stati Uniti; vennero poi Van Halen, Pat Thrall, Neal Schoen
e, indovinate, ... Frank Zappa, il cui uso del tremolo nella recente tournée
italiana avrà posto più di un interrogativo agli strat-maniaci. | |
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| Del
«Floyd Rose Clamp System» vediamo il capotasto nella Stratocaster
di Zappa ed il ponte in quella di Van Halen >
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I GRANDI DEL TREMOLO Breve elenco, che
non vuole e non può essere completo, dei chitarristi che fanno un uso estensivo
e talvolta molto interessante del tremolo
JIMI
HENDRIX: incredibile quello che il chitarrista rock per eccellenza è
riuscito a fare, specialmente modulando il feedback; usava il tremolo secondo
la scuola «blackmoriana», con 5 molle. (ascoltare Machine gun di «Band
of gypsies» a titolo di esempio. RITCHIE
BLACKMORE: un altro grande classico, che con il suono stupendo, quasi violoncellistico,
della sua Stratocaster, valorizza l'effetto devastante del tremolo usato «up
and down». EDDIE VAN HALEN: le sue frustate improvvise e
i ruggiti creati con la leva caratterizzano un sound tra i più amati al
momento; usa, dal terzo album in poi, il Rose Clamp System. ALLAN
HOLDSWORTH: da qualche tempo usa una Stratocaster con due PAF, segno questo
che il tremolo Stratocaster è il tremolo per eccellenza; uno dei più
raffinati nell'uso di tale effetto; talvolta sembra un violinista! (cfr. il primo
Ip degli UK e il suo disco solo «Velvet darkness») RANDY
HANSEN: il cultore del F. Rose System, oltrechè un cultore valido dell'Hendrix
style. NEAL SCHOEN: altro convertito definitivamente alla Stratocaster
e i risultati si sentono (ascoltare il suo disco con Ian Hammer) ADRIAN
BELEW: il più grande torturatore di Stratocaster; c'è veramente
da meravigliarsi che riesca a fare con il tremolo quello che fa senza palesare
scordature disastrose: non usa il Clamp System (ascoltare il suo Ip solo «Lone
rhino») RANDY RHOADS: uno dei più intelligenti chitarristi
rock del post-Van Halen, prematuramente scomparso durante una tournée con
Ozzie Osbourne; gli assoli di «Over the mountain, di «I don't know»,
chiaramente impostati per il tremolo, resta-no come testimonianza di un chitarrista
dallo stilo selvaggio, che ha ulteriormente arricchito il repertorio di trucchi
eseguibili con la leva del tremolo. A.P.
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| Tratto
da Yes Music autunno 1982 | |
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